
Sembra che il tema dei “tumori da vaccini” diventerà sempre più attuale nei prossimi mesi. Perché la pandemia ha avuto tantissimi risvolti negativi ma anche un’indubbia accelerazione di tutto il comparto della ricerca. Se è vero l’adagio popolare che “si fa di necessità virtù”, il sentirsi minacciati di estinzione ha fatto tirar fuori soldi e risorse che ora potrebbero non fermarsi alla scoperta e somministrazione del vaccino. Dopo essere stata la migliore arma contro la pandemia da Covid-19, la tecnologia basata sull’Rna messaggero potrebbe portare in pochi anni a una svolta nella lotta contro i tumori. Vediamo di cosa si tratta.
Tumori da vaccini, lo studio
Ecco qual è la base scientifica dietro a questo tema:
Si tratta di uno studio di Fase II, che ha sperimentato l’utilizzo di un vaccino mRNA di Moderna (denominato al momento mRNA-4157/V940) in combinazione con il farmaco immunoterapico pembrolizumab su 157 pazienti con melanoma allo stadio 3 o 4 già sottoposti a interventi chirurgici, ha dimostrato infatti di ridurre del 44% il rischio di recidiva rispetto alla sola immunoterapia.
Il presidente della Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell’Istituto Pascale di Napoli Paolo Ascierto in merito così commenta:
Se verranno confermati, i risultati rappresenteranno un’importante notizia anche contro tutti gli altri tumori. Infatti, a differenza dei vaccini utilizzati contro il Covid, uguali per tutti, questo “innovativo trattamento” si basa su “terapie personalizzate.
Nel dettaglio, si prende il tumore, che è stato resecato, lo si processa e attraverso un algoritmo si selezionano 34 mutazioni presenti nel tumore di quel paziente, realizzando quindi un vaccino personalizzato. Di queste 34 proteine mutate viene fatto l’mRna messaggero che viene inoculato nel paziente.”
Questo significa che il nostro sistema immunitario viene istruito a riconoscere come estranee 34 proteine specifiche del paziente.”
Tumori da vaccini, il principio
Il principio che c’è dietro lo spiega sempre Ascierto:
E’ lo stesso anche per gli altri tumori, proprio perché si lavora sulla personalizzazione del trattamento. Ecco perché se i risultati sul melanoma saranno confermati sarà una buona notizia anche per tutti i pazienti oncologici.
Nel caso del melanoma, bisogna sottolineare che è un risultato di riduzione ulteriore, che si va ad aggiungere ai progressi già ottenuti con l’immunoterapia, ad esempio con la terapia con pembrolizumab e nivolumab, che già ha ridotto il rischio di recidiva del 50%.
Lo studio di Fase III
Si sperimenterà la nuova terapia su un numero più alto di pazienti, avrà inizio nel 2023 e valuterà quali effetti si prevedono anche per altri tipi di tumori. Per avere i risultati definitivi però sarà necessario attendere qualche anno. Generalmente, dal momento in cui inizia l’arruolamento al primo dato, possono passare dai 3 ai 5 anni. Va aggiunta alla discussione anche la testimonianza del presidente della Fondazione Melanoma e direttore dell’Unità di Oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative dell’Istituto Pascale di Napoli che sottolinea, infine, che, qualora i risultati fossero confermati, testimonieranno ancora una volta quanto la ricerca sia fondamentale.
Chissà che questa brutta faccenda del Covid non si riveli un’ottima (e definitiva) occasione per dare finalmente alla ricerca l’importanza e la considerazione che merita nel nostro paese.