
Il periodo della pandemia, esteso ben oltre quello che ci potevamo attendere, sta mietendo tante troppe vittime. Quando queste sono illustri, inevitabilmente, si accendono i campanelli d’allarme dei media che rimbalzano la notizia alla velocità della luce. Noi crediamo che sia importante seguire questa scia e riportarla ai nostri soci non per gusto gosipparo o del macabro ma perché la risonanza di una dipartita illustre può svegliare tante coscienze sull’importanza di fare prevenzione, cosa che passa anche dall’informazione. In quest’ottica riportiamo la notizia della morte di Marini avvenuta in queste ore dopo un ricovero ad un centro Covid.
La morte di Franco Marini
Secondo fonti ormai attendibili e conclamate, Franco Marini si è spento all’età di 87 anni. A far notizia è soprattutto il fatto che l’ex senatore fosse stato ricoverato nel reparto Covid dell’ospedale San Camillo de Lellis di Rieti lo scorso 2 gennaio, per poi esserne dimesso il 27 gennaio. Come già affrontato nel caso di Lucia Bosè, la morte di Marini colpisce l’immaginario collettivo perché si trattava di un personaggio molto amato dagli italiani.
Chi era Franco Marini
La carriera politica di Franco Marini inizia come leader della Cisl, per poi approdare in Parlamento con Democrazia Cristiana e passare nel 94 al Ppi, di cui diviene leader. E’ stato Ministro del Lavoro nel 1991-92 nel governo Andreotti e Presidente del Senato nel 2006-08.
La crescita nella Cisl
Franco Marini nasce in Abruzzo a San Pio delle Camere, in un piccolo paese vicino L’Aquila. Si trasferisce presto perché il padre faceva l’operaio nella fabbrica della Snia di Rieti e aveva sette figli da crescere. Nonostante le difficoltà economiche, Marini si laurea in Giurisprudenza ed entra nella Cisl. La montagna, però, gli è sempre nel cuore:
E’ stato ufficiale negli alpini e ha praticato per anni lo sci alpinismo al Terminillo.
E’ Giulio Pastore, il fondatore della Cisl, a notare quel giovane e sanguigno sindacalista e a volerlo nel suo entourage.
L’ingresso in politica
Negli anni 70, quelli della contestazione, Marini diviene il numero due dell’organizzazione. E, nel 1985, il decimo congresso lo incorona Segretario Generale. Lo chiamano, sbagliando, ”il lupo marsicano”. Non è la sua zona ma è la sua indole… quella di guidare un branco, ma con spirito individualista, pronto a mordere, quando serve, e a tirare dritto per la propria strada. Poi l’ingresso in politica nel 1991 quando l’anziano leader democristiano Carlo Donat Cattin, a sorpresa, gli affida le sorti della sua corrente che si chiama ”Forze nuove” ed è un po’ l’avamposto del sindacalismo cattolico dentro la Dc.
Da ministro del Lavoro a presidente del Senato
Il percorso biologico che porterà alla odierna morte di Marini passa dai tanti che dubitano che l’irruento sindacalista abruzzese possa sopravvivere nella giungla democristiana, dove anche i migliori amici sono pronti all’agguato. Invece Marini, che vanta un’esperienza quarantennale di vertenze e trattative, si rivela politico accorto e navigato. Sono gli anni di Tangentopoli, e la balena bianca, travolta dagli scandali, perde consensi a vista d’0occhio. Marini, comunque, nel ’92 entra in Parlamento e scopre un feeling con Giulio Andreotti, di cui diventa poi Ministro del Lavoro. Nel ’97, Mino Martinazzoli gli passa il testimone di segretario del Partito Popolare, nato sulle ceneri della Dc. Il 29 aprile 2006 viene eletto Presidente del Senato, negli anni difficili, per la risicata maggioranza a Palazzo Madama, del governo Prodi II. In occasione del suo discorso di insediamento pronuncia parole che oggi suonano profetiche:
La forza di una democrazia matura come la nostra risiede anche nel saper convergere insieme sulle decisioni e le scelte migliori per il nostro Paese; farlo senza il timore di perdere le nostre identità, che sono un bene prezioso, e le stesse responsabilità che hanno maggioranza e opposizione.
Le reazioni del mondo politico alla morte di Marini
La morte di Marini ricoverato in un centro Covid non ha lasciato indifferenti i colleghi politici. Ecco cos’ha detto Pierluigi Castagnetti:
Ci ha lasciato un uomo integro, forte e fedele a un grande ideale: la libertà come presupposto della democrazia e della giustizia. Quella vera.
Il Ministro della Salute, Roberto Speranza, invece, racconta che:
Marini fu combattente e appassionato. Sempre a difesa della democrazia e dei diritti dei lavoratori.
Sulla morte di Marini così si esprime il vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani:
Non la pensavamo sempre alla stessa maniera, ma era una gran persona.
Resta l’esempio di una vita spesa per il nostro paese e finita in un modo che deve far riflettere tutti sull’importanza di non abbassare mai la guardia.