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Ecco come differenziare i dolcificanti artificiali dagli zuccheri

Siamo umani, per fortuna. E per questo, nella maggior parte dei casi, preferiamo lo zucchero ai dolcificanti sintetici. Il problema è che siamo umani anche nelle nostre fragilità e quindi dobbiamo strutturarci per non farci troppo del male adottando stili di vita dannosi alla salute o che non ci facciano fare prevenzione. Ecco perché sarebbe meglio capire come funzioniamo per farlo al meglio.

Come differenziare i dolcificanti artificiali dagli zuccheri

I segnali provenienti da dolcificanti e zuccheri vengono trasmessi dall’intestino al cervello tramite diversi percorsi neurali. Secondo uno studio:

 gli esseri umani hanno un senso dello zucchero, e tra quest’ultimo e i dolcificanti prediligono sempre il primo. Ciò potrebbe essere dovuto al fatto che una specifica cellula sensore intestinale attiva uno dei due percorsi neurali separati a seconda di quale tipo rileva.

È noto da decenni che gli uomini preferiscono lo zucchero ai dolcificanti non calorici, e che questa preferenza si basa sul feedback dell’intestino. Questo studio è tra i primi a fornire informazioni a livello molecolare su come l’intestino conosce la differenza tra zucchero e dolcificanti artificiali.

La ricerca

Lo studio si basa su ricerche precedenti, dove si credeva che le cellule dell’intestino comunicassero con il sistema nervoso solo indirettamente attraverso la secrezione ormonale. Poi, nell’anno 2018, è stato scoperto che:

l’intestino ha cellule simili a quelle che consentono il gusto sulla lingua e l’olfatto nel naso, e che questi sensori hanno anche un contatto diretto con i neuroni.

Quando ingeriamo zucchero, questo stimola le cellule dell’intestino e quest’ultime rilasciano glutammato e attivano il nervo vago, ossia un nervo cranico che svolge un ruolo regolatore delle funzioni degli organi interni, come la digestione. La ricerca ha osservato che queste cellule sensoriali intestinali, che il team ha soprannominato “neuropodi“, trasmettono le informazioni chemiosensoriali pochi millisecondi dopo aver rilevato lo zucchero.

Ora, gli scienziati si sono impegnati per scoprire se questo percorso dall’intestino al nervo vago discrimini tra zucchero e dolcificanti artificiali e, in caso, quali siano i meccanismi neurali alla base di questa differenziazione:

Il team ha analizzato la risposta dell’intestino al saccarosio e sucralosio, quindi ha analizzato la risposta dei neuroni che compongono il nervo vago utilizzando l’imaging del calcio. In media, il 40,7% ha risposto solo al saccarosio, il 22,2% al solo sucralosio e il resto a nessuno dei due stimoli, spiegando come il nervo vago sia in grado di reagire in modo diverso alle due sostanze.

I ricercatori hanno anche dimostrato che i neuropodi percepiscono gli zuccheri attraverso un trasportatore di sodio e glucosio, e dolcificanti artificiali attraverso un recettore dal sapore dolce, che quando attivato rilascia il neurotrasmettitore ATP. Sulla base di questi risultati, gli autori concludono che l’ingresso dello zucchero saccarosio in una cellula neuropode la stimola a rilasciare glutammato, che attiva il nervo vago; mentre dolcificanti come il sucralosio inducono le cellule neuropodi a rilasciare ATP, attivando una diversa via intestino-cervello.

I risultati

Alla fine di questo studio su come differenziare i dolcificanti artificiali dagli zuccheri ancora non si è messo a fuoco se i neuropodi contribuiscono a comportamenti diversi in risposta agli zuccheri, rispetto ai dolcificanti artificiali. Ecco perché ci si è rivolto all’optogenetica, una metodologia prevalentemente utilizzata nel cervello:

I ricercatori hanno collaborato con gli ingegneri per sviluppare un cavo in fibra ottica flessibile, adattato alle condizioni biologiche uniche dell’intestino. L’adattamento della manipolazione optogenetica all’intestino, è una tecnica che potrebbe guadagnare terreno nella comunità scientifica che si occupa di investigare sulla correlazione tra intestino e cervello.

La nuova fibra optogenetica è flessibile e può essere collocata in luoghi molto piccoli che sono costantemente in movimento, come il cuore e il polmone, consentendo potenzialmente ai ricercatori di iniziare a interrogarsi su come è possibile che gli input sensoriali da tutti questi organi influenzano il nostro comportamento. Potrebbe anche permettere di comprendere meglio alcuni disturbi mentali, dell’umore o del sonno associati al tratto gastrointestinale.

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