
E’ comprensibile e condivisibile che nell’anno della pandemia il grosso delle attenzioni vada alla cura del Covid-19 e ai risultati delle vaccinazioni ma questo, purtroppo, non ferma l’avanzare delle altre malattie tra cui il cancro. Molti malati hanno protestato per il rallentamento che hanno subito le terapie ma almeno la ricerca sembra non aver perso colpi. Uno studio tutto italiano si è molto impegnato in queste settimane a rendere più efficaci le cure antitumorali. La risposta sarebbe stata trovata.
Le nuove cure antitumorali
La comunità scientifica mondiale è concorde col riferire che è stato scoperto un nuovo approccio terapeutico potenzialmente più efficace nella lotta ai tumori più dannosi. Nello specifico, sarebbe stato individuato un nuovo meccanismo che rende le cellule tumorali più “affamate” e, quindi, meno resistenti all’attacco della chemioterapia.
Lo studio sulle nuove cure antitumorali
Questa ricerca sulle cure antitumorali è stata sostenuta da AIRC e diretta da Claudia Ghigna dell’Istituto di Genetica Molecolare Luigi Luca Cavalli-Sforza del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pavia (Cnr-Igm) in collaborazione con diversi centri di ricerca e università italiane e internazionali. Alla fine del lavoro:
è stata individuata una nuova variante proteica, espressa unicamente sulla superficie dei vasi sanguigni tumorali, che contribuisce a rendere il cancro più aggressivo e che rappresenta un nuovo marcatore tumorale e un possibile bersaglio molecolare.
La spiegazione
Perché queste nuove cure antitumorali fanno ben sperare? Perché la crescita dei tumori è strettamente correlata ai nutrienti forniti dai vasi sanguigni associati al tumore. In merito la dottoressa Claudia Ghigna spiega che:
limitare lo sviluppo di questi ultimi rappresenta quindi una possibile strategia terapeutica per affamare il tumore e renderlo maggiormente suscettibile alla chemioterapia.
Attraverso un meccanismo detto splicing alternativo (definito dagli scienziati come un meccanismo di “taglia e cuci”, poiché consente alle porzioni dei geni di essere riassemblate in vari modi, generando così proteine diverse pur partendo dallo stesso materiale iniziale) le cellule dei vasi sanguigni producano una nuova variante della proteina UNC5B mai descritta prima, chiamata UNC5B- 8.
I risultati della ricerca
Quel che è merso da questo studio sulle nuove cure antitumorali accende i riflettori sul ruolo ancora poco conosciuto dello splicing alternativo durante lo sviluppo dei vasi sanguigni tumorali. Sempre la dottoressa Ghigna spiega che:
la formazione dei vasi sanguigni, grazie a un processo detto angiogenesi, è indispensabile perché i diversi tessuti e organi ricevano l’ossigeno e i nutrienti necessari alla loro sopravvivenza. L’angiogenesi è però determinante anche nella progressione tumorale: fin dalle prime fasi di sviluppo, le cellule cancerose stimolano la formazione di nuovi vasi, sostenendo così la propria crescita e la formazione di metastasi in altri organi o tessuti.
Va notato che, dallo studio dell’angiogenesi, sono emerse terapie in grado di fermare o far regredire il tumore, bloccato nella formazione dei vasi sanguigni e privato così di ossigeno e nutrienti. I risultati di queste terapie, al momento, non sono ancora elevatissimi perché, ad oggi, i pazienti trovano istintivamente il modo di sviluppare meccanismi di resistenza. Ma il bicchiere è mezzo pieno:
E’ dalle resistenze dei pazienti che abbiamo scoperto le nuove cure antitumorali. In questo studio, infatti, abbiamo scoperto che la nuova variante proteica UNC5B- 8 è prodotta unicamente dalle cellule dei vasi sanguigni e preferenzialmente da quelle associate a tumori più aggressivi e con prognosi meno favorevole.
Tutto questo, tradotto in linguaggio semplice per i nostri soci, significa che tale variante offre un ottimo strumento diagnostico e prognostico per il cancro, che potrebbe essere sfruttabile sia come nuovo marcatore dell’angiogenesi tumorale, sia come possibile bersaglio molecolare per terapie anti-cancro di maggior efficacia.
L’importanza della prevenzione nella salute è ormai fuori discussione. E’ scientificamente dimostrato, infatti, che esiste una corposa quota di tipologie di tumori che, se presa in tempo, può essere debellata non solo salvando la vita al paziente ma anche incidendo in maniera lieve nel suo stile di vita. Lo dimostra il tumore al seno, molto frequente nelle donne dopo i 40 anni, che, se diagnosticato in tempo, può essere chirurgicamente rimosso e annullato. La crescita del settore delle protesi al seno, poi, ha reso possibile il ritorno alla normalità per molte donne che hanno giustamente bisogno di recuperare in pieno la loro femminilità, anche visivamente, per far rientrare psicologicamente la malattia in canoni di accettabilità e normalità.
E’ presto per dire quanto incisive saranno queste cure antitumorali appena emerse ma vale la pena continuare a lavorarci su e ad investirci per dare modo al comparto della ricerca scientifica di continuare a dare speranza a chi incappa in quello che fino all’arrivo del Covid era il male del secolo. Se le luci della ribalta mediatica le accendono o le spengono i giornalisti, le malattie non sono indirizzate da nessuno per cui è importante non abbassare mai la guardia.