
La situazione dei contagi in Italia non è ottimale. Dopo un buon periodo di tempo in cui i numeri scendevano e, pian piano, si sono svuotate le terapie intensive, adesso l’RT è tutt’altro che roseo e la previsione delle vacanze di Natale non è tra le più confortanti. Immaginare cenoni, ammucchiate intorno ai regali e tombolate tra bicchieri e sigarette non fa mettere di buon umore il Commissario Straordinario Figliuolo. Come se non bastasse piove sul bagnato. E’ ormai conclamato e risaputo che il Covid può essere aiutato da altre circistanze esterne che sarebbe bene conoscere ed evitare. Una di queste è lo smog… Covid e smog vanno spesso a braccetto insieme e non va bene. Vediamo meglio di cosa si tratta.
La scoperta
Per nostra fortuna, in tutto questo periodo i ricercatori non hanno mai arrestato il loro indefesso lavoro e infatti, sul connubio Covid e smog, è emerso che:
L’inquinamento aumenta il rischio di sviluppare sintomi gravi nei soggetti positivi al Covid: lo smog, quindi, accresce il rischio di una malattia più grave quando sopraggiunge l’infezione.
La fonte della (preoccupante) notizia è certa e stimata. Emerge da uno studio condotto presso il Barcelona Institute of Global Health e pubblicato sulla rivista Environment Health Perspectives.
Per stimare il binomio Covid e smog, gli esperti hanno considerato 9.605 persone tra cui 481 casi confermati di Covid (5%):
Per 4.000 dei partecipanti gli esperti hanno eseguito prelievi di sangue alla ricerca di anticorpi specifici contro il virus. È emerso che a una maggiore esposizione a ossido di azoto e polveri sottili (particolato fine PM2.5) corrispondono maggiori concentrazioni di anticorpi (un indicatore di elevata carica virale e di sintomi più forti dell’infezione).
In tutti i casi è emersa un’associazione tra alti livelli di inquinanti e malattia (presenza di sintomi), in particolare per i casi più gravi che finiscono in ospedale e terapia intensiva. L’associazione con il particolato fine e malattia è emersa particolarmente forte per i maschi over60 e per quelli che vivono in aree disagiate dal punto di vista socioeconomico.
Sul legame Covid e smog l’autore del lavoro Manolis Kogevinas spiega:
Il nostro studio fornisce la più forte evidenza a livello globale dell’associazione tra inquinamento atmosferico e Covid-19. Questi risultati sono in linea con l’associazione tra inquinamento dell’aria e ospedalizzazione descritta per altre malattie infettive come influenza o polmonite.
Lo smog può anche favorire lo sviluppo di condizioni croniche cardiovascolari e respiratorie, che a loro volta aumentano il rischio di Covid-19 in forma grave. Ma questa intuizione non è certo una cattedrale nel deserto.
Gli atri studi
Diversi altri studi hanno dimostrato un collegamento tra inquinamento dell’aria e Covid, ma la novità sul tema del “Covid e smog” è che nessuna ricerca, fino ad ora, era mai andata a valutare in che modo lo smog favorisca la malattia, se aumentando i contagi o aumentando i sintomi e la gravità di essi.
In questo caso, invece, si capisce che vivere in un ambiente inquinato (come una qualsiasi città italiana) obbliga a respirare pulviscolo ed altri micro-elementi nocivi. Tutto questo mette a dura prova i polmoni che, di fronte ad un’aggressione del Covid cedono più facilmente e più velocemente al progredire della malattia. A questo punto bisogna capire come siamo messi con l’inquinamento da noi.
Lo smog in Italia
Nel 2020 l’Italia si conferma tra i paesi europei dove si registrano i più alti i rischi per la salute, in termini di morti e anni di vita persi, per l’esposizione allo smog:
Secondo il Rapporto 2021 sulla qualità dell’aria dell’Agenzia europea dell’ambiente, nel 2020 il nostro paese era il primo per numero di morti per biossido di azoto (10.640), e il secondo, dopo la Germania, per i rischi da particolato fine PM2,5 (49.900 decessi) e ozono ( 3.170 vittime).
Nell’Ue a 27, nel 2019 circa 307.000 persone sono morte prematuramente a causa dell’esposizione a PM2,5 , 40.400 per l’NO2 e 16.800 a causa dell’esposizione acuta all’ozono. I decessi per smog sono diminuiti del 16% rispetto al 2018 e del 33% con riferimento al 2005.
Almeno il 58% dei decessi da PM2,5 in Ue, ammonisce la Aea, si sarebbe potuto evitare se tutti gli Stati membri avessero raggiunto il nuovo parametro OMS per il PM2,5 di 5 µg/m3. Con i parametri Oms l’Italia avrebbe 32.200 decessi in meno (-32.200) da PM2,5.