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AIDS nuovo farmaco

Aids nuovo farmaco in arrivo. Un farmaco che potrà garantire una vita lunga e piena come quella di chi non è imbattuto nell’Hiv. Il vaccino non ha ancora concluso il suo giro di sperimentazione ma almeno le terapie si fanno più efficaci e sempre meno invasive. Pensate alla chemioterapia e a quanto impatta sulla vita dei pazienti… Con questa nuova scoperta arriva un cambio epocale. Se prima una persona sieropositiva era costretta ad assumere quotidianamente oltre una decina di farmaci, poi diventati 2-3, oggi bastano solo 6 iniezioni l’anno.

Aids nuovo farmaco, cosa si sa

Molto di quanto sta emergendo in questi giorni arriva dalle uscite del celebre scrittore Jonathan Bazzi che proprio recentemente ha iniziato a seguire la terapia long lasting che viene spiegata così dai medici:

In pratica consiste nell’iniezione ogni due mesi di un farmaco che contiene due principi attivi che inibiscono alcune funzioni del virus Hiv, un inibitore dell’integrasi e un inibitore della trascriptasi inversa. Una possibilità, questa, accessibile solo al 50% dei pazienti. Più precisamente a coloro che non abbiano registrato fallimenti nelle precedenti terapie, che abbiano contratto un’infezione da Hiv che non presenti resistenze ai farmaci long-acting o che non siano risultati positivi da troppo poco tempo. Ma si tratta comunque di un risultato molto positivo, soprattutto visto che probabilmente, fra non molto tempo, le iniezioni potrebbero alla fine ridursi anche a una ogni 6 mesi.

Un passaggio importante in questa lotta che ha preso piede a partire dagli anni ottanta grazie ad opere d’ingegno come il film “Philadelphia” e il libro “Più grandi dell’amore”.

I dati sulla circolazione del virus dell’HIV

Se sull’Aids il nuovo farmaco è una notizia ottima, non si può dire lo stesso sulla circolazione dell’HIV. In merito le principali testate giornalistiche di settore concordano:

Il mostro c’è e continua a diffondersi ed è fondamentale ricordarlo, come ogni anno, in occasione della Giornata Mondiale contro l’Aids, che si celebra ogni 1 dicembre. Perché, anche se si parla sempre poco di Hiv, questo virus continua a essere una minaccia alla salute globale. Secondo le Nazioni Unite, nel 2021 ben 38,4 milioni di persone nel mondo sono risultate sieropositive, 650mila sono morte per malattie legate all’Aids e 1,5 milioni sono le persone contagiate di recente.

L’Hiv rimane un importante problema di salute pubblica che colpisce più di 2 milioni di persone nella regione europea dell’Oms. Negli ultimi anni, i progressi verso gli obiettivi dell’Hiv si sono fermati, le risorse si sono ridotte e di conseguenza numerose vite sono a rischio. La disparità di accesso ai servizi sanitari, e in particolare ai servizi per l’Hiv, e il disprezzo per i diritti umani sono tra i fallimenti che hanno permesso all’HIV di diventare e rimanere una crisi sanitaria globale.

Aids nuovo farmaco in Italia

Avrebbe comunque la sua utilità anche da noi nonostante le incidenze delle infezioni parlino di tre nuovi casi ogni 100mila residenti e cioè al di sotto della media dell’Unione Europea che è di 4,3 nuovi casi per 100mila. In totale:

Nel 2021 sono state registrate 1.770 nuove diagnosi, più di frequente nei maschi tra i 30 e i 39 anni d’età e per oltre l’80 per cento dei casi il contagio è avvenuto tramite rapporti sessuali. Il dato però più allarmante, diffuso dal Centro operativo Aids dell’Istituto superiore di sanità, è la tempestività con cui si arriva alla diagnosi: ancora in troppi (63%) scoprono l’infezione quando questa è in fase avanzata. L’emergenza Covid potrebbe in qualche modo aver giocato un ruolo importante nel rallentamento dei contagi, ma anche su un eventuale sottodiagnosi.

Le dichiarazioni

Massimo Galli, Direttore del reparto di Malattie infettive dell’Ospedale Sacco di Milano usa queste parole:

La pandemia ha sicuramente influito sull’andamento della diffusione dell’infezione da Hiv. Il periodo Covid, con le restrizioni e il distanziamento sociale, ha infatti ridotto i contatti tra le persone e questo ha diminuito anche le nuove infezioni. Il Covid ha però avuto un ruolo negativo nel ritardare alcune diagnosi, con la rinuncia ai test.

Sulle diagnosi tardive si esprime anche Stefano Vella, docente di salute Globale all’università Cattolica di Roma e presidente della sezione L (ricercatori esperti della materia) del comitato tecnico scientifico per l’Aids del ministero della Salute:

Le diagnosi tardive non avrebbero ragione di esistere oggi. Mentre i decessi di persone con Aids, seppure stabili con 500 casi l’anno, ci ricordano che è un falso mito l’idea che nei Paesi ricchi non si muore più per questa malattia perché si può accedere ai farmaci specifici. Il grande problema restano le diagnosi tardive, perché quando l’infezione viene individuata tardi le conseguenze per il paziente sono peggiori.

La prevenzione resta ancora l’obiettivo più importante da raggiungere. Le terapie hanno rappresentato un passo avanti epocale ma questo non esclude che la qualità della vita di chi si ammala ne risenta lo stesso. Il fatto di avere tanti farmaci e sapere molto di più sulla malattia dovrebbe aiutare tutti noi a non arrivare più alla malattia stessa.

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