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Intervista ad Arcuri

E’ evidente che, cima alla lista dell’agenda-setting, ci saio le vaccinazioni. Tra una questione e l’altra, sono due anni che tiriamo avanti al centro della questione Covid-19 e Coronavirus ed ora che sembra avvicinarsi la luce del tunnel non stiamo più nella pelle. Sono vaccini validi? Con quali criteri verranno somministrati? Quando vedremo la fine di quest’incubo? Tante domande e tutte lecite (e condivise). A molti di questi quesiti, e non solo, risponde il Commissario anti-Covid: Domenico Arcuri in questa bella intervista che riportiamo dal Corriere della Sera nell’ottica di fornire informazioni preziose ai nostro soci.

I tanti impegni di Arcuri

Prima di entrare nel vivo delle tempistiche delle vaccinazioni Coronavirus, l’intervista ad Arcuri affronta un aspetto più “pratico”. L’accusa che più spesso gli hanno mosso è di assumere troppe funzioni allo stesso tempo:

  • Commissario straordinario per l’emergenza Covid;
  • Amministratore delegato di Invitalia;
  • Capofila del rilancio dell’Ilva di Taranto.

Troppo per un uomo solo?
Lo chieda ai miei collaboratori. Se ho qualche colpa è di ringraziarli sempre troppo poco, di farli lavorare tanto e di chiedere loro di sopportare le strumentalizzazioni. Gli uomini soli al comando non sono più parte del nostro tempo. Del mio, mai stati. E comunque, limitandoci all’Ilva, in fondo tutti insieme un accordo l’abbiamo sottoscritto.

I tempi e le modalità di erogazione del vaccino

L’intervista ad Arcuri poi entra nel vivo.

Ci dice quando partono i vaccini in Italia?
Se le agenzie del farmaco in Italia (Aifa) e in Europa (Ema) rispetteranno il calendario, simbolicamente a fine dicembre. E massicciamente ad inizio gennaio. Altro che uomo solo al comando: con il ministro della Salute e il suo staff, con i miei collaboratori, con migliaia di medici e di infermieri, l’esercito, alcune grandi aziende pubbliche italiane, la comunità scientifica e con il sostegno quotidiano del governo, noi siamo pronti. Non perderemo neanche un minuto e non conserveremo una sola dose nei nostri magazzini. Sarebbe intollerabile.

La prima ondata di vaccinazioni va agli ospedali per il personale e nelle case di riposo per tutti. Ma la seconda quando parte e a chi spetta?
Non sappiamo esattamente quando, perché dipenderà da autorizzazioni e produzione dei vaccini. Potrà essere nel primo trimestre del 2021. Quanto alle priorità nella popolazione, si inizierà dagli 11 milioni di abitanti che hanno più di sessant’anni, a partire dai più anziani in giù. Nella seconda fase di vaccinazioni dovranno rientrare anche i lavoratori che svolgono servizi essenziali che li mettono a rischio: forze dell’ordine, scuola, trasporto pubblico e anche le carceri.

La questione Ilva

L’intervista ad Arcuri poi si risposta sull’attualità.

Intanto lei gestisce il rientro dello Stato in Ilva attraverso Invitalia, accanto a ArcelorMittal. Ma lo Stato non ha una storia di successo nell’acciaio: perché stavolta dovrebbe essere diverso?
L’Italsider ha scritto pagine importanti dell’industria italiana. È stata una fase irripetibile, in cui i governi disegnavano interventi diretti nell’economia preoccupandosi dello sviluppo e dell’occupazione. Quella stagione è finita. Ma oggi è il momento di riaccelerare, siamo in uscita dall’emergenza più grave del dopoguerra. Un Paese senza industria né innovazione non ha futuro ed è per questo che stavolta sarà diverso. Lo Stato assicurerà una rapida transizione della produzione di acciaio verso livelli di sostenibilità ambientale e sociale: un terzo della produzione sarà “verde”, ci sarà un forno elettrico e due impianti per il preridotto. A partire dal Sud, si può produrre un acciaio verde ed ecosostenibile.

La presenza pubblica in Ilva ha un calendario per l’uscita?
In linea ideale sì: c’è l’idea di entrare, mettere in atto un progetto e poi trovare le modalità di uscita. Ma sarebbe ingeneroso dire ora quando. Non è prevedibile.

Sicuri che Bruxelles permetta la nazionalizzazione?
Abbiamo già presentato le richieste di autorizzazione a Bruxelles. Abbiamo fiducia che non ci saranno problemi.

Il governatore della Puglia e il sindaco di Taranto chiedono di chiudere l’area a caldo, cioè il cuore della produzione d’acciaio, mantenendo i livelli di occupazione…
Abbiamo trovato un equilibrio ragionevole tra la decarbonizzazione e la tutela del lavoro. Serve un po’ di tempo, ma queste variabili si possono conciliare. Non è vero che l’area a caldo possa assicurare occupazione solo a danno della salute. Con le migliori tecnologie e il ricorso ai forni elettrici si può essere competitivi e avere cura della salute dei posti di lavoro. Altrimenti, a cosa servirebbe lo Stato?.

Il vostro piano di aumento della produzione da 3,4 a 8 milioni di tonnellate presuppone una forte ripresa. Avete scenari alternativi?
Segnali di ripresa ci sono già. L’acciaio serve in tutto il mondo e ne serve tanto in Italia. Le ipotesi alla base del piano industriale sono prudenti. E gli obiettivi produttivi che ci siamo dati sono sfidanti ma raggiungibili. 

Le critiche di Arcuri

Chiosando l’intervista ad Arcuri sul Coronavirus Arcuri punta il dito su chi rema contro invece di aiutare il paese ad uscire dalla pandemia.

Con chi ce l’ha?
Con i protagonisti di una stagione che non c’è più e della quale, come è ovvio, hanno nostalgia. Ora però siamo in una nuova era.

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